Sfase 2

Non c’è più la fase 2 di una volta. Siamo rimasti in casa, evitando di vedere parenti e amici, con la prospettiva che prima o poi ci sarebbe stato un graduale riavvio delle attività. Ma ora…

C’è chi l’ha vissuto come un tempo “sospeso” e chi come un rifugio dalle attività della vita. Alcuni con noia, altri con zelo.

Altri ancora con la prospettiva di un ponte – e non di un vuoto –  in cui coltivare l’otium dei latini. Come gli astronauti che si industriano lassù per poi tornare a terra; una capsula temporale definita e cromata sparata alla velocità della luce nel cosmo.

In tutti c’era la consapevolezza che, all’isolamento sociale, sarebbe seguito un periodo più o meno lungo, più o meno lieto, di progressivo riavvio delle attività. Ma adesso, in piena fase 2, qualcosa è cambiato.

“È che adesso possiamo uscire e non uscire, andare e non andare, tutto è a metà” mi dice una conoscente. Sì, la fase 2 si sta rivelando notevolmente più dura della prima.

Ascolto in tv che nell’isolamento ci veniva dato un ruolo preciso, facevamo parte di una missione, eravamo più coesi. Forse è anche questo.

Nonostante la gioia di rivedere i cari e prendere un caffè al bar, la fase 2 sembra essere una terra di mezzo in cui fare qualcosa ma non tutto, uscire ma non proprio, vedersi ma non troppo. Il momento del quasi quasi.

La fase 1 è stata semplicemente una nuova normalità – una delle tante normalità possibili – alla quale sta seguendo un periodo più o meno lungo di riavvio.

Il vero banco di prova è iniziato il 18 maggio. Da percorrere con rinnovata tenacia.

Articolo di: Alice Palombarani

Scritto e pubblicato il: 23.05.2020

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