Il lavoro dell’attore, il teatro e la città : Fabrizio Gifuni

al Liceo Morgagni di Roma

Fabrizio Gifuni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come può essere definito il lavoro dell’attore oggi? E in che modo può intervenire oggi nella società? In quali forme? Questi sono solo alcuni dei temi discussi dall’attore Fabrizio Gifuni presso il liceo Morgagni di Roma. L’evento, tenutosi il 29 maggio ed aperto a tutti, è stato organizzato per iniziativa degli Editori Laterza all’interno del progetto Agorà. Il progetto, iniziato a gennaio nei licei romani Morgagni, Tasso e Orazio, ha previsto una serie di incontri tenuti di volta in volta da giornalisti, scrittori, filosofi e fisici, incentrati su un argomento specifico, dalla letteratura alla scienza, dalla storia all’attualità. La discussione dell’ultimo incontro si è incentrata sul tema: il lavoro dell’attore, il teatro e la città.


In quali forme la scuola può divenire “teatro”?

Il luogo d’incontro, il liceo Morgagni, esemplifica il tema dell’apertura della scuola alla città: la scuola non più come luogo chiuso adibito solo all’insegnamento tradizionale, ma come luogo aperto d’incontro e di scambio culturale in cui affrontare tematiche non presenti nei programmi scolastici, oltre a laboratori e conferenze.

La modalità di fruizione di questo incontro e in generale di tutti gli incontri promossi da Agorà, si è distinta per la novità della formulazione: l’argomento viene sviscerato attraverso le domande del pubblico, che può agire attivamente commentando ed esprimendo opinioni, e le risposte del relatore, abolendo il tradizionale “monologo” dell’ospite che avrebbe relegato le domande a ruolo d’appendice, in modo da creare un circolo di opinioni e idee, come in una piazza, l’Agorà appunto.

Come auspica Gifuni, questa nuova formula dovrebbe essere attuata non solo all’interno della scuola ma anche all’interno dei teatri, così da ritrovare nella scuola lo stesso rapporto relatore-pubblico presente in un teatro: l’uditorio non è più massa unica e inerte perché diventa un aggregato di persone, di singoli individui, in modo che l’attore possa rivolgersi ad ognuno di loro, non più a un generico “pubblico”.

In questa prospettiva palco e platea non sono più due spazi separati nettamente da una “quarta parete” ideale e condivisa, anzi, viene abolita la separazione tra attori e spettatori attraverso la recitazione in platea, allo stesso piano del pubblico.

Una rivoluzione culturale: l’esperienza al Teatro Valle Occupato.

Il progetto di un teatro nuovo e libero è tutt’altro che utopistico, infatti è stato attuato concretamente attraverso l’occupazione del Teatro Valle. Gifuni racconta con orgoglio l’esperienza al Teatro Valle durante i primi quattro mesi di occupazione; inoltre l’attore sottolinea come la sperimentazione di una protesta culturale attraverso l’occupazione e l’autogestione di un bene pubblico sia esemplare, eppure non verificabile all’infinito, da qui l’auspicio della riconsegna “formale” del teatro alla gestione pubblica, previa garanzia da parte del Comune di Roma di una nuova politica culturale.

La  televisione ha definitivamente soppresso il teatro?

Uno dei primi argomenti toccati da Gifuni è necessario per poter parlare del ruolo del teatro odierno. L’attore, che si è impegnato anche nella realizzazione di film per cinema e televisione, si mostra in linea con la definizione di Teatro come baluardo della comunicazione diretta tra persone, evento unico nella società consumista poiché offre non un prodotto commerciale bensì un’esperienza di condivisione e crescita personale, offrendoci gli strumenti per analizzare e sopravvivere alla rete di informazioni, spesso inutili, in cui rischiamo di impigliarci. Al contrario della televisione, la quale richiede allo spettatore solo la presenza fisica davanti al teleschermo e non necessariamente anche la presenza mentale, nell’ambiente teatrale «i corpi emanano un forza magnetica» e si crea un’atmosfera unica in cui lo spettatore è partecipe.

Chi è l’Attore?

Con questa domanda solo apparentemente semplice, formulata dal pubblico, viene introdotto il tema del ruolo dell’attore. Gifuni si fa subito critico nei confronti di coloro che attribuiscono alla recitazione il ruolo di “intrattenimento” e per i quali la visione di uno spettacolo teatrale equivale a uno «svago» post-lavorativo di cui fruire dopo aver «passato la giornata a produrre». Il processo di svalutazione dell’attore da parte della società è causato dal mancato riconoscimento del merito di portare avanti un progetto di impegno civile. Il Teatro, e l’arte in generale, nella forma più efficiente e impegnata, non è un luogo adibito unicamente allo svago, ma alla ricerca e allo scambio interpersonale, un luogo di scoperta che viene sintetizzato dall’attore con «Il teatro è un rito», un ambiente quasi sacro ove si abolisce la riproducibilità dello spettacolo, elemento caratteristico della produzione di consumo, per plasmare ogni sera un evento diverso.

Gifuni biasima l’odierna tendenza di relegare l’arte ad attività del tempo libero in quanto rifiuta di affidare all’attore il ruolo di “saltimbanco”.

Quanto spazio viene concesso alla memoria? L’arte del ricordare.

Gifuni prosegue toccando un tema spesso bistrattato, la memoria, evidenziandone il duplice significato. In quanto processo di ricordo del passato, il teatro ha l’importante compito di rievocare i luoghi, le persone, le azioni, anche nel caso di una trama inventata: lo spunto viene sempre offerto dalla realtà, che si tratti della quotidianità o dell’evento eccezionale; da qui il compito di riportare alla luce esperienze del passato che altrimenti, forse, verrebbero dimenticate. L’altro aspetto della memoria è costituito dalla mnemotecnica: come può una mente contenere ore e ore di ricordi? Una mole di informazioni che, nel caso di Gifuni, corrisponde a due monologhi e un recital da portare avanti nello stesso periodo? La pratica dell’esercitazione mnemonica, a prima vista noiosa, con il tempo potrà rivelare i suoi pregi, l’attore invita dunque ad allenarla, si dispiace del disuso della memorizzazione di poesie e testi e sottolinea altresì l’importanza della lettura ad alta voce.

Attraverso un fitto dialogo sono stati introdotti e commentati temi tutt’altro che banali che hanno gettato luci diverse sul teatro, sia per quanto riguarda l’ambito culturale e sociale che per gli aspetti più tecnici del lavoro dell’attore.

L’eguaglianza scuola come teatro nella città propone, attraverso le parole di Gifuni, una presa di coscienza che, se continuerà ad espandersi al ritmo attuale, potrà condurre a una rivoluzione culturale.

Ci auguriamo capace di offrire un’alternativa allo stato delle cose.

Creato e pubblicato: Martedì, 05 Giugno 2012 21:06

Articolo di: Alice Palombarani

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