Con “Tempi glaciali” Fred Vargas non convoca mai invano

“L’afturganga non convoca mai invano. E il suo dono porta sempre su un sentiero” è la frase ad effetto del romanzo “Tempi Glaciali” (uscito per Einaudi Stile Libero il mese scorso).

Dieci anni fa, un viaggio in Islanda: una comitiva si perde nella nebbia. Due membri che vengono uccisi. Oggi, una strana setta ricostruisce le sedute del Parlamento parigino durante la Rivoluzione. Un Robespierre spietato. E due suicidi che non quadrano. Il commissario Adamsberg si ritrova ingarbugliato in un caso che sembra una vera e propria matassa di alghe, e accanto a lui troviamo la solita squadra Anticrimine del 13° di Parigi, fatta di personaggi ben delineati e originali, in primis il braccio destro Danglard, uomo coltissimo ma che nutre una forte simpatia per la bottiglia; il tenente Noel, figlio dei servizi sociali, protetto dalla sua sfacciata giacca di pelle; la tenente Retancourt, un donnone caterpillar che giocherà un ruolo decisivo nel corso delle indagini.

Dopo una pausa di 4 anni dall’ultimo libro, ritroviamo lo stesso Adamsberg e il suo modo di procedere simile al lento scorrere della Senna; di indole riflessiva e pacata, per alcuni addirittura soporifera, nessuno lo ha mai visto “ragionare”: al contrario, la sua mente vaga in un percorso interiore, e lui lascia che le idee gli salgano inconsciamente a galla; colleziona associazioni libere di suoni e immagini. Insomma, un vero “spalatore di nuvole”. Personalmente non amo granchè il protagonista, quanto invece adoro i membri dell’Anticrimine e i personaggi secondari di cui la Vargas si prende cura come perle rare.

“Tempi glaciali” è il libro più avvincente che abbia letto nell’ultimo anno. La fluidità della scrittura mi ha affascinata, il ritmo è intenso e si nota la cura con cui ogni pagina è stata scritta (anche per merito dell’ottima traduzione). Le scene sono originali e imprevedibili; la Vargas è una maestra nel ricreare le atmosfere dei luoghi e le relazioni fra i personaggi. La trama è complessa ma perfettamente seguibile, anche se a volte ho avuto la sensazione che l’intreccio fosse un po’ macchinoso. L’indole eterea del commissario viene mitigata da una struttura logica.

Purtroppo i libri della Vargas sono poco appetibili per il cinema, proprio a causa della natura introspettiva del protagonista (comunque in Francia sono usciti quattro episodi per la tv). La scrittrice ha uno stile originale che ammalia il lettore con leggerezza e complicità. La lettura scorre agevole e, in men che non si dica, mi sono ritrovata presa dalla storia e dai personaggi che diventano una famiglia (letteraria) a cui affezionarsi.

Fred Vargas (pseudonimo di Frédérique Audouin-Rouzeau, classe 1957) è figlia di una chimica e uno scrittore surrealista; lei è archeozoologa e medievista. In questo come negli altri romanzi inserisce nozioni storiche, folkloristiche, antropologiche: dai fantasmi glaciali dell’Islanda ai demoni in carne ed ossa della Rivoluzione, “Tempi glaciali” strizza l’occhio al noir nordeuropeo, di tanto in tanto assume forma favolosa, qui e lì un pizzico di irreale. È una caratteristica della scrittrice e cerco questo nei suoi romanzi. Per questo ai neofiti della Vargas consiglierei di cominciare con un altro libro.

Per quanto riguarda le nozioni culturali, presenti qui come negli libri precedenti, a mio parere arricchiscono la trama e rendono la lettura ancora più interessante (rimanendo comunque all’interno della lettura d’intrattenimento). Non ho mai avuto la sensazione che la scrittrice “la sapesse lunga” né che fosse un’esibizione culturale. Di scrittori che compiaciuti che sfoggiano un nozionismo wikipediano ce ne sono a decine. Per fortuna, non è questo il caso. Personalmente non adoro i polizieschi ma questo, pur avendo la costola gialla, va al di là del suo genere ed è molto godibile.

Articolo di: Alice Palombarani

Scritto e pubblicato il: 01.09.2015

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