Se la ripartenza è in contropiede

Oggi, lunedì 4 maggio 2020, ha inizio la cosiddetta “Fase 2”: quella in cui, passata la fase acuta, si riesce a contenere la diffusione della pandemia e a convivere con il virus, continuando a mantenere la distanza di sicurezza.

“Fase 2” non è un’espressione usata solo dalla stampa o dai social (nei quali l’invito #RestiamoADistanza ha sostituito l’esortazione #IoRestoACasa), ma è entrata anche nel linguaggio istituzionale perché utilizzata proprio dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella conferenza stampa del 26 aprile (quella di: “Se ami l’Italia, mantieni le distanze”)

Buonasera a tutti, inizia la “Fase 2”. […] Adesso inizia per tutti la fase di convivenza con il virus, e dobbiamo essere consapevoli che in questa nuova fase, la”Fase 2″, la curva del contagio potrà risalire in alcune aree del Paese. Dobbiamo dircelo chiaramente: questo rischio c’è e dobbiamo assumercelo, affrontarlo con metodo e rigore.

I termini per indicare la Fase 2, che onomatopeicamente “scatta”, sono tanti: ripartenza, ripresa…

è Conte stesso a usare “ripartire”:

Vogliamo tutti che il Paese riparta, ma l’unico modo per convivere – in questa nuova fase – con il virus, è non ammalarci e la distanza sociale.

Spulciando un articolo dedicato a ripartire sul sito della Treccani, si scopre che il verbo è padre del “neologismo semantico” ripartenza, parola che appartiene all’ambito sportivo. Ma, se in tutti gli sport significa “nuova partenza dopo una pausa”, è soltanto nel calcio che questo neologismo trova il senso specifico di “contropiede”. Infatti si legge nel sopralinkato articolo:

E ora diamo la parola allo scrittore e giornalista Giulio Nascimbeni, da sempre molto attento ai fatti di lingua: «Che cos’è la ripartenza? […] si tratta di una manovra di “contropiede corto”, conseguenza di un’azione di pressing […] Un ennesimo neologismo, dunque, anche se di recente derivazione dal verbo “ripartire”» (dal «Corriere della sera», 30 giugno 1996; citato in Le parole dell’Italia che cambia di Andra Bencini e Beatrice Manetti, Le Monnier, Firenze 2005).

Mentre il termine “ripresa“, sempre secondo la voce della Treccani, sta a significare:

  • tornare di nuovo in possesso di una cosa
  • il fatto di riacquistare o di andare riacquistando vigore, capacità di affermazione, riprendersi dopo una malattia, una disgrazia, un periodo di crisi

e ci svela una curiosità: la “ripresa dei bàrberi” era la fase conclusiva dell’antica corsa dei cavalli liberi; l’atto di riacciuffare le bestie andò a indicare il luogo dove si svolgeva: la Ripresa, ossia l’odierna piazza Venezia.

Infine, ci sarebbe anche un terzo termine dal gusto più informatico: il riavvio, spesso unico provvedimento di profilassi capace di curare un’incauta caduta analogica.

Spesso è anche la forma a dare valore alla sostanza, ma in questo caso, qualunque sia il significante, l’importanza sta nel significato di vedere la riduzione del numero dei contagi, di sentire rispetto verso lavoro e salute, di mantenere il ricordo.

Articolo di: Alice Palombarani

Scritto e pubblicato il: 04.05.2020

 

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